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Monday, October 19, 2009

Peperoncino


Peperoncino:

Il Peperoncino è un’interessantissima pianta erbacea che fa parte del genere Capsicum, della famiglia delle Solanacee. Il nome derivebbe dal vocabolo latino capsa che significa “scatola”.Il termine richiama la forma del frutto, somigliante ad una scatola che racchiude i semi. C’è chi dice, invece, che il termine discenda dal nome greco kapto, che vuol dire morsicare, con riferimento al gusto piccante che “morde” il palato durante il pasto o al fatto che il peperoncino stimolerebbe l’appetito e indurrebbe a “mordere” avidamente. Il termine “peperoncino” si riferisce invece all’affinità del gusto (ma non dell’aspetto) con quello del pepe.
Le piante si presentano sotto forma di cespuglio, con foglie di colore verde chiaro e fiori bianchi stellati a 5-6 petali su fusti teneri. La loro altezza varia dai 40 agli 80 cm. Il frutto, il peperoncino, è una bacca che può avere colore rosso, verde o giallo e che ha dimensioni e forma diverse in base alla varietà: ha forma bislunga e conica “a sigaretta”, con l’apice appuntito e a volte ricurvo, oppure tondeggiante, “a ciliegia. Possiede numerosi semi a forma di piccoli dischetti giallastri all’interno. Si tratta di un arbusto perenne a vita breve che ha bisogno di molta acqua. Può essere coltivato, in effetti, un po' ovunque: in campagna, come nei giardini, sui terrazzi e sui balconi in città. Ben esposto al sole, preferibilmente.

Le 5 tipologie di peperoncino più comuni

(e che vengono talvolta ibridate) sono:
L'origine del peperonciono...

L'origine del peperoncino è incerta. Di sicuro proviene dal Sudamerica, molto probabilmente dal Perù o dalla Bolivia.

È conosciuto da tempi antichissimi: in Messico il peperoncino piccante veniva utilizzato come alimento, ma anche per scopi terapeutici, dai Maya. Da almeno 5000 anni prima della nascita di Cristo era una pianta coltivata comunemente in Cile e Messico, come testimoniato da diversi reperti archeologici. A quell’epoca i peperoncini erano, inoltre, le uniche spezie utilizzate in Perù. Il peperoncino veniva chiamato, allora come oggi (in tutta l’America Latina): "Chili", termine di derivazione azteca.
In Texas "Chili" è divenuto oggi sinonimo di un piatto tipico formato da fagioli, carne e peperoncini piccanti. Del resto, anche in lingua inglese il peperoncino è chiamato “Chili Pepper”.

Quando gli spagnoli sbarcarono in America, gli Aztechi avevano già creato varietà numerosissime. Esistono molte testimonianze che associano l’ultimo signore degli Aztechi, il celeberrimo Montezuma, all’impiego del peperoncino. Si dice che lo mangiasse in diverse pietanze e che lo bevesse anche mescolato con il cacao. Cristoforo Colombo lo importò in Europa dalle Americhe alla fine del 1400. Il primo europeo che lo assaggiò fu Diego Chanca, il medico di bordo che partecipò alla seconda spedizione di Colombo. Lo scoprì osservando la popolazione locale che lo utilizzava come nutrimento e lo impiegò come condimento.
In Europa, inizialmente, fu denominato: "Pepe delle Indie". I guadagni che gli spagnoli si aspettavano dal commercio del peperoncino (come accadeva con altre spezie preziose orientali, come cannella, noce moscata etc.) furono però insoddisfacenti, poiché il peperoncino si diffuse molto velocemente, grazie alla sua facilità di coltivazione ed adattamento al clima in tutte le regioni meridionali dell’Europa. I peperoncini potevano essere coltivati anche negli orti delle case o sui davanzali delle finestre. Il peperoncino venne chiamato anche "la droga dei poveri" in contrapposizione col pepe, più raro, costoso e riservato alle classi sociali più elevate. Venne presto utilizzato in cucina per le sue proprietà aromatizzanti e fu esportato e trapiantato in Asia e Africa, ove si acclimatò, si diffuse con molto successo e divenne ingrediente, a volte fondamentale, delle cucine tradizionali indigene.

Agli inizi del 1800 venne isolato l’alcaloide principale responsabile della "piccantezza" del peperoncino. A metà dello stesso secolo, venne sintetizzato e chiamato Capsaicina.

Che cos'è la capsicina?

La capsaicina, se consumata in dosi eccessive, provoca dolore e infiammazioni e può addirittura causare vesciche e piccole ustioni (i peperoncini della varietà habanero, ad esempio, vengono raccolti con i guanti). È anche il principale ingrediente nello spray anti-aggressione al peperoncino.

La piccantezza dei peperoncini viene misurata tramite la scala di Scoville (il peperone dolce ha, ad esempio, zero unità Scoville). Uno dei metodi migliori per alleviare e rimuovere la sensazione dolorosa e di bruciore causata dal peperoncino è quello di mangiare yoghurt, formaggio o un pezzo di pane (meglio la mollica) inzuppato nell’olio. Oppure, bere semplicemente del latte. La capsaicina, infatti, si scioglie facilmente nei grassi.

Lo scienziato ungherese Szent-Györgyi, premio Nobel per la medicina nel 1937, scoprì nel peperoncino un’importante sorgente di acido ascorbico (Vitamina C) che permise di arrestare le morti per scorbuto, malattia che uccideva migliaia di marinai. Ciò contribuì a nobilitare ancor di più il valore di questa preziosa pianta.

Proprietà del peperonciono:


Grazie soprattutto alla presenza di flavonoidi e di capsaicinoidi, il peperoncino ha proprietà antibatteriche. Come già ricordato, è ricco di vitamina C e ha numerosissimi effetti benefici sulla salute, purché venga impiegato con buon senso ed in assenza di problemi gastrointestinali. Il peperoncino ha un forte potere vasodilatatorio, antiossidante e anticancerogeno. Inoltre, si è dimostrato utile nella cura di malattie da raffreddamento come raffreddore, tosse, faringite, laringite, rinite allergica, asma, sinusite e bronchite. È considerato, comunemente e a ragione, un ottimo digestivo. Queste proprietà derivano principalmente dalla capsaicina, in grado di aumentare la secrezione di succhi gastrici. Il peperoncino stimola l’intestino e favorisce il passaggio e l'evacuazione. Il celere transito intestinale, in combinazione con le virtù antibatteriche ed antifungine, evita la fermentazione e la formazione di gas intestinali e di tossine.

Il peperoncino può essere usato anche come antidolorifico nelle artriti e in alcuni tipi di nevralgie e cefalee. Il potere afrodisiaco del peperoncino, invece, non è stato confermato in termini assoluti dal punto di vista scientifico.

Viene utilizzato anche dalla medicina omeopatica e, come rimedio, da diverse medicine tradizionali popolari (ad esempio: dalla medicina Ayurvedica).

Da quanto emerge da alcuni studi, il peperoncino piccante avrebbe un’azione anestetizzante sul corpo e contribuirebbe a ridurre il colesterolo e a prevenire le cardiopatie. Gli sviluppi terapeutici in questo senso sono però ancora allo stato iniziale.

Altre proprietà terapeutiche riconosciute al peperoncino sono le seguenti:

  • Regola in modo efficacissimo la pressione sanguigna (proprietà molto nota e fondamentale);

  • Protegge i capillari;

  • Combatte l’insorgenza delle vene varicose, favorendo la circolazione sanguigna;

  • Facilita la coagulazione del sangue e agisce come disinfettante;

  • Cura l'ulcera gastrica, le emorroidi e le ragadi, se utilizzato con moderazione;

  • È indicato per le terapie contro la depressione, l'ansia, l’anoressia e l’alcolismo;

  • Favorisce la sudorazione e viene utilizzato in caso di otite ed insufficienza epatica;

  • Viene utilizzato anche contro la stitichezza, la cellulite, l’obesità, il mal di denti;

  • Cura la colite, i reumatismi, le distorsioni, le lombaggini e il torcicollo;

  • È utile contro la psoriasi, l’herpes zoster e l’acne giovanile;

  • Rallenta la caduta dei capelli e riduce l'incontinenza urinaria;

  • Abbassa il livello dei trigliceridi;

  • Stimola la regolare attività di cuore, reni e polmoni.
Il suo utilizzo in cucina è notorio. Si tratta di un condimento allegro e vivificante, assai popolare. Impiegato con moderazione, è in grado di valorizzare ed insaporire innumerevoli piatti.

È preferibile consumare il peperoncino fresco, per non perderne le proprietà. In ogni caso, il peperoncino può essere conservato benissimo sottolio o in polvere (dopo averlo fatto seccare al sole e tritato).

A livello gastronomico esistono un’infinità di ricette culinarie ed ognuno può lavorare anche con la fantasia, creandone di nuove. Il frutto viene consumato cotto, crudo, essiccato o affumicato. Viene impiegato anche per aromatizzare e per realizzare salse piccanti.

In Italia il peperoncino è utilizzato ampiamente nei piatti regionali, soprattutto nel meridione peninsulare. Sono molto noti, tra gli altri, il salame calabrese nduja e il peperone di Senise lucano.

All'estero il peperoncino, oltre che in Messico (nelle salse, nel chili con carne), viene molto impiegato in Nordafrica (nell’harissa), in Etiopia e in Spagna (nel pulpo gallego, nella paella valenciana e in vari piatti dell’Andalusia). Altre zone di utilizzo massiccio del peperoncino sono il sud-est asiatico, la Cina, l’India e la Corea.

Il peperoncino è presente nella bevanda Alveo di Akuna sottoforma di estratto della specie Capsicum frutescens. Questa tipologia comprende peperoni e peperoncini che, come anticipato nella classificazione delle 5 specie più diffuse, viene coltivata principalmente nella varietà Tabasco (utilizzata per l'omonima salsa Tabasco). Il frutto (talvolta piuttosto piccante, come nel caso delle varietà bird’s eye e santaka), inizialmente di colore verde, offre colorazioni del frutto maturo dal rosso-arancio, al giallo e persino al viola

Monday, May 11, 2009

Ginkgo biloba


Il Ginkgo biloba (più semplicemente Ginko o Albero di Capelvenere) è una pianta arborea antichissima, una delle più vecchie specie viventi di albero. Il nome del genere Ginkgo, deriverebbe dal vocabolo cinese composto yinxing che significa: “albicocca d'argento”. Il nome della specie biloba deriva invece dai termini latini bis e lobus (chiaro il riferimento alla divisione in due lobi delle foglie). 

Le sue origini risalgono a ben 250 milioni di anni fa! La pianta di Ginkgo è longeva, può vivere per oltre 1.000 anni, a volte fino a 4.000 anni! È originaria della Cina, è stata coltivata per migliaia di anni dai monaci buddisti cinesi ed utilizzata come ornamento dei luoghi di culto. Attualmente resiste solo nelle foreste della valle dello Yangtze, perché la Cina è quasi completamente disboscata da molti secoli. Oggi si trova soprattutto in Giappone, in piantagioni europee (soprattutto in Francia), in Corea e negli Stati Uniti. L’albero ha una chioma fitta e raggiunge altezze che vanno dai 30 ai 40 metri. 

Le foglie del Ginkgo, di colore verde chiaro, hanno una tipica forma a ventaglio. E possiedono una caratteristica particolare: sono legate tra di loro da una lamella sottile e, ad un primo sguardo, sembrano dividersi, anche se sono unite in modo inseparabile. 

Lo studio relativo alle sue proprietà ed il suo impiego sono iniziati quasi 3.000 anni prima della nascita di Cristo.

Questa pianta viene utilizzata da molti secoli nella medicina tradizione cinese contro l’asma, ed il decotto ricavato dalle foglie viene impiegato per uso esterno su ferite, tumefazioni e geloni.
Le foglie contengono polifenoli e flavonoidi che agiscono in modo assai benefico sulle funzioni cerebrovascolari. Le malattie dell’apparato circolatorio sono molto diffuse nella società moderna e, spesso, le cause sono l’abuso di nicotina, l’obesità e l’ipertensione. 

L’azione del Ginkgo biloba si sviluppa principalmente su tre livelli: il sangue, le pareti vascolari ed il tessuto cerebrale. L’estratto delle foglie del Ginkgo biloba migliora e regola la funzionalità dell’apparato circolatorio, in particolare la fluidità del sangue, facilitando l’afflusso di sangue al cervello. Ciò ha un effetto indiscutibilmente benefico sulla memoria, sulla lucidità, sulle capacità cognitive ed intellettuali, sulla concentrazione. Migliora, inoltre, lo stato psichico.

Il miglioramento della circolazione del sangue avviene sia a livello cerebrale che periferico, permettendo di contrastare la fragilità capillare, la formazione di varici, i disturbi circolatori degli arti inferiori, la sensazione di freddo su mani e piedi. Il Gingko biloba protegge e tonifica i vasi capillari e le vene, aumentandone l’elasticità, ha un’attività vasoregolatrice e vasodilatatrice delle arterie e può facilitare la prevenzione della trombosi

Le foglie svolgono un'azione antiossidante e di neutralizzazione dei radicali liberi, permettendo di contrastare gli effetti dello stress fisico e mentale. 

Sono utili per curare patologie come insonnia, vertigini, emorroidi, disturbi dell’udito (sordità, ronzio), affezioni vescicali, instabilità emotiva connessa a sbalzi di umore, cefalee ed emicranie. 
Il Ginkgo biloba è indicato per la cura delle allergie cutanee e respiratorie, ha un’attività antinfiammatoria, antiallergica, antispasmodica, rinforza i reni e favorisce l’attività sessuale.
In Cina, il seme essiccato e lavorato è utilizzato per curare l'asma, la tosse, i disturbi della mucosa vaginale, la bronchite e la diuresi frequente. Nell’antichità, il seme abbrustolito veniva utilizzato in Cina e Giappone per favorire la digestione.

In Oriente, proprio per le sue innumerevoli proprietà, l'infuso di foglie viene denominato come: "il tè dell'eterna giovinezza". In particolare, anche gli antichi guaritori indiani ayurvedici (l’Ayurveda è la medicina tradizionale indiana diffusa già a partire dal IV secolo a.C.) lo impiegavano come ingrediente del "soma", l'elisir di lunga vita impiegato per perfezionare il corpo e la mente. 

La parte interna dei semi viene utilizzata come cibo prelibato in Oriente, soprattutto nella cucina cinese. In Giappone i semi di Ginkgo vengono impiegati in molti piatti come contorno (ad es. nel chawanmushi). 

Il Ginkgo viene utilizzato anche nelle creme cosmetiche per ristabilire il giusto equilibrio idro-lipidico nelle pelli secche e screpolate.

Alcune Curiosità: 

Il Ginkgo viene utilizzato come pianta ornamentale nobile nei parchi, nei giardini pubblici e privati, nei castelli e anche per creare dei bonsai.
Il Ginkgo è in grado di “combattere” i gas industriali e lo smog. Per questo motivo è particolarmente gradita la sua presenza sia sulle strade delle piccole città che nelle grandi metropoli.

L’Antica Filosofia Orientale assegna alla presenza di due lobi nelle foglie del Ginkgo e al fatto che esso presenti piante di sesso maschile e di sesso femminile il principio dello Yin e dello Yang, la legge secondo cui la realtà è governata dagli opposti, massimo e minimo, nord e sud, maschio e femmina. Questa è anche la ragione per cui viene conservato nei templi. 

Darwin giunse alla conclusione che il Ginkgo fosse una specie di "fossile vivente”, proprio perché la tipica forma a ventaglio delle foglie di Ginkgo è stata rinvenuta nei fossili. In realtà, si ritiene che la specie sia estinta allo stato naturale e sia stata conservata solo grazie alla coltivazione dei monaci cinesi. 
Il primo esemplare di Ginkgo che venne piantato in Europa nel giardino botanico di Utrecht, in Olanda nel 1730, vive ancora oggi e ha un aspetto un po' stravagante. Un esemplare di Ginkgo è sopravvissuto addirittura alle radiazioni della bomba atomica caduta sulla città di Hiroshima.

In Oriente, l'arte è ricca di simboli ed immagini che raffigurano il Ginkgo. Anche negli emblemi degli shogun, nelle poesie giapponesi antiche waka si ritrova un forte simbolismo legato a questa pianta. 

Volevo ricordarti che Ginko Biloba e' uno dei 24 estratti di erbe fresche che si trovano nella bevanda - integratore Alveo.