Monday, November 9, 2009

Fucus vesiculosus



Il Fucus vesiculosus, conosciuto anche col nome di Quercia Marina, Alga Bruna o Alga delle Rocce, è l’alga marina più conosciuta nelle isole britanniche. Vive sulle coste del Mare del Nord, del Mar Baltico occidentale, sulle coste dell’Oceano Atlantico (avendo come limite meridionale le isole Canarie) e dell’Oceano Pacifico, di preferenza nelle acque fredde o temperate.

Appartiene alla famiglia delle Fucacee. Si presenta come un disco a ventosa con cui si aggrappa alle rocce con un germoglio morbido e piatto color verde oliva. Le sue fronde hanno una ramificazione dicotomica e vescicole piene di gas. Può superare il metro di lunghezza.

I suoi componenti principali sono lo iodio e molti altri sali minerali ed oligoelementi, l’acido alginico, l’acido ascorbico, i polifenoli, i carotenoidi (in particolare la fucoxantina), le vitamine (in particolare la vitamina C, ma anche A, B, B2, B12, E e provitamina D) e moltissimi aminoacidi.

Il Fucus vesiculosus, rappresenta una sorta di concentrato di acqua di mare ed un complemento alimentare eccellente per la qualità e la quantità di vitamine e minerali di cui è costituito. Può integrare le cure marine suggerite agli anziani, soprattutto quelle dei reumatismi. È consigliato anche ai bambini linfatici e cagionevoli e ai malati cronici.

I principi attivi con maggiore attività farmacologica presenti nel Fucus vesiculosus sono lo Iodio e gli Alginati. Per il suo contenuto di iodio, ma anche di bromo, il fucus è consigliato nella cura dell’ipotiroidismo. Lo iodio viene assorbito con facilità dall'organismo e va a concentrarsi nella tiroide sulla quale ha un effetto complesso; in dosi fisiologiche e in soggetti affetti da ipotiroidismo può stimolarne il funzionamento.

L’aumento della funzionalità tiroidea può incrementare il metabolismo basale e quindi un maggior consumo di calorie “a riposo”. Il Fucus vesiculosus può provocare senso di sazietà e una diminuzione dell’assorbimento dei grassi. Per questi motivi viene ampiamente utilizzato come ingrediente nei prodotti dimagranti. Gli Alginati di cui è composto formano gel viscosi che proteggono la mucosa dello stomaco e ne riducono le secrezioni acide. Per tale motivo l’Alga Bruna è efficace anche contro il reflusso gastro-esofageo.

Nell’Ottocento il Fucus vesiculosus era la fonte principale di iodio conosciuta. Veniva utilizzato per curare il gozzo (o struma), un rigonfiamento del collo dovuto ad una malformazione della tiroide causata proprio da una carenza di iodio. Fu nel 1860 che al Fucus vesiculosus vennero per la prima volta riconosciute anche proprietà che permettevano di combattere l’obesità. Fu pertanto inserito in molte cure e diete che avevano come obiettivo la perdita di peso.

L’Alga Bruna ha inoltre un’ottima attività diuretica e combatte efficacemente la cellulite ed i suoi inestetismi. Contiene infatti l'acido alginico che può assorbire una quantità d'acqua pari a cento volte il suo peso(da qui l'impiego anticellulite).

L’algina si usa in farmacia come eccipiente per le sue proprietà emulsionanti e in cosmesi per la realizzazione di prodotti rimineralizzanti ed anticellulite.

L’acido alginico ricavato dal fucus può essere lavorato per ottenere fibre tessili, utilizzate anche in chirurgia.

In agricoltura, specie in quella biologica, il fucus viene utilizzato come foraggio e come fertilizzante.

Nel campo alimentare, in Giappone, l’alga bruna viene consumata regolarmente per equilibrare la dieta ricca di riso e di pesce. Viene ritenuta tonificante e stimolante per lo svolgimento di tutte le attività vitali, compresa l’attività sessuale. Il consumo alimentare di quest’alga è comune da tempo anche ad altri Paesi che si affacciano sull’Oceano Pacifico e, recentemente, si sta diffondendo anche in Europa.

Anche Fucus Vesiculosus fanno parte di 24 erbe di ALVEO



Monday, November 2, 2009

Crondo Crispo


Il Crondo Crispo (Chondrus crispus) o Carrageen (dal nome di un villaggio della costa meridionale irlandese) è un’alga rossa che prospera abbondantemente nelle acque delle coste atlantiche dell’Europa settentrionale, soprattutto Irlanda, Francia e Norvegia, e del Nord-America (Labrador e New Jersey in particolare). Il vocabolo della lingua gaelico irlandese carraigín significa: "piccola roccia".

Si tratta di una piccola alga perenne a cespuglio, con fitte ramificazioni lunghe dai 15 ai 30 cm di norma rosse e violette, ma a volte anche marroni o verdi. Ricopre come un manto le rocce lungo la costa atlantica, dove l'acqua è più bassa.

Il Crondo Crispo ha diverse proprietà. Viene utilizzato come lenitivo, rilassante, espettorante, tonico e demulcente (forma cioè uno strato protettivo che riveste le mucose irritate) contro la faringite, la bronchite e la tosse, specialmente quella irritante e secca. Cura le infezioni polmonari, in particolare quelle croniche, e le infezioni delle vie urinarie. Viene impiegato inoltre nella cura dell’ulcera, della gastrite, della dissenteria e delle malattie dello stomaco. Il Chondrus Crispus è un'alga costituita da fibre igroscopiche (carragenani) che formano nell'intestino un densa massa gelatinosa. Questa “gelatina” ha il potere di agire come sollievo nei casi di stitichezza e di irregolarità intestinale, mantenendo sano e pulito il colon e contribuendo a ricreare la flora batterica intestinale.

La carragenina, la componente gelatinosa del Crondo Crispo, depura in profondità l'organismo, mantenendo l'intestino libero dalle tossine e dalle impurità. L’azione depurativa nel colon avviene per trascinamento meccanico e per “chelazione”, un processo di drenaggio che permette di eliminare le tossine, i residui chimici e i metalli pesanti accumulati nelle vene e nelle arterie, andandoli a “raccogliere” all’interno dell’organismo per mezzo del sangue.

Il Crondo Crispo possiede anche proprietà lenitive e leviganti sulla pelle.

Per le sue proprietà addensanti, gelificanti ed emulsionanti conosciute da diversi secoli dagli irlandesi e dovute all’alto contenuto di amidi e polisaccaridi, viene utilizzato anche nel settore alimentare e culinario. Viene infatti utilizzato, in modi diversi, per zuppe, minestre, stufati, gelatine, salse, gelati e confetti.

Il Chondrus crispus è nutriente, è ricco di vitamina C e di minera, soprattutto iodio.
Una curiosità: durante la seconda guerra mondiale, sulle isole che si affacciano sul Canale della Manica, il cibo scarseggiava. Le popolazioni di quelle zone si trovarono costrette a consumare grandi quantità di Crondo Crispo. Ebbene, si verificò una sensibile diminuzione della frequenza di infezioni bronchiali e di raffreddori!



Monday, October 19, 2009

Peperoncino


Peperoncino:

Il Peperoncino è un’interessantissima pianta erbacea che fa parte del genere Capsicum, della famiglia delle Solanacee. Il nome derivebbe dal vocabolo latino capsa che significa “scatola”.Il termine richiama la forma del frutto, somigliante ad una scatola che racchiude i semi. C’è chi dice, invece, che il termine discenda dal nome greco kapto, che vuol dire morsicare, con riferimento al gusto piccante che “morde” il palato durante il pasto o al fatto che il peperoncino stimolerebbe l’appetito e indurrebbe a “mordere” avidamente. Il termine “peperoncino” si riferisce invece all’affinità del gusto (ma non dell’aspetto) con quello del pepe.
Le piante si presentano sotto forma di cespuglio, con foglie di colore verde chiaro e fiori bianchi stellati a 5-6 petali su fusti teneri. La loro altezza varia dai 40 agli 80 cm. Il frutto, il peperoncino, è una bacca che può avere colore rosso, verde o giallo e che ha dimensioni e forma diverse in base alla varietà: ha forma bislunga e conica “a sigaretta”, con l’apice appuntito e a volte ricurvo, oppure tondeggiante, “a ciliegia. Possiede numerosi semi a forma di piccoli dischetti giallastri all’interno. Si tratta di un arbusto perenne a vita breve che ha bisogno di molta acqua. Può essere coltivato, in effetti, un po' ovunque: in campagna, come nei giardini, sui terrazzi e sui balconi in città. Ben esposto al sole, preferibilmente.

Le 5 tipologie di peperoncino più comuni

(e che vengono talvolta ibridate) sono:
L'origine del peperonciono...

L'origine del peperoncino è incerta. Di sicuro proviene dal Sudamerica, molto probabilmente dal Perù o dalla Bolivia.

È conosciuto da tempi antichissimi: in Messico il peperoncino piccante veniva utilizzato come alimento, ma anche per scopi terapeutici, dai Maya. Da almeno 5000 anni prima della nascita di Cristo era una pianta coltivata comunemente in Cile e Messico, come testimoniato da diversi reperti archeologici. A quell’epoca i peperoncini erano, inoltre, le uniche spezie utilizzate in Perù. Il peperoncino veniva chiamato, allora come oggi (in tutta l’America Latina): "Chili", termine di derivazione azteca.
In Texas "Chili" è divenuto oggi sinonimo di un piatto tipico formato da fagioli, carne e peperoncini piccanti. Del resto, anche in lingua inglese il peperoncino è chiamato “Chili Pepper”.

Quando gli spagnoli sbarcarono in America, gli Aztechi avevano già creato varietà numerosissime. Esistono molte testimonianze che associano l’ultimo signore degli Aztechi, il celeberrimo Montezuma, all’impiego del peperoncino. Si dice che lo mangiasse in diverse pietanze e che lo bevesse anche mescolato con il cacao. Cristoforo Colombo lo importò in Europa dalle Americhe alla fine del 1400. Il primo europeo che lo assaggiò fu Diego Chanca, il medico di bordo che partecipò alla seconda spedizione di Colombo. Lo scoprì osservando la popolazione locale che lo utilizzava come nutrimento e lo impiegò come condimento.
In Europa, inizialmente, fu denominato: "Pepe delle Indie". I guadagni che gli spagnoli si aspettavano dal commercio del peperoncino (come accadeva con altre spezie preziose orientali, come cannella, noce moscata etc.) furono però insoddisfacenti, poiché il peperoncino si diffuse molto velocemente, grazie alla sua facilità di coltivazione ed adattamento al clima in tutte le regioni meridionali dell’Europa. I peperoncini potevano essere coltivati anche negli orti delle case o sui davanzali delle finestre. Il peperoncino venne chiamato anche "la droga dei poveri" in contrapposizione col pepe, più raro, costoso e riservato alle classi sociali più elevate. Venne presto utilizzato in cucina per le sue proprietà aromatizzanti e fu esportato e trapiantato in Asia e Africa, ove si acclimatò, si diffuse con molto successo e divenne ingrediente, a volte fondamentale, delle cucine tradizionali indigene.

Agli inizi del 1800 venne isolato l’alcaloide principale responsabile della "piccantezza" del peperoncino. A metà dello stesso secolo, venne sintetizzato e chiamato Capsaicina.

Che cos'è la capsicina?

La capsaicina, se consumata in dosi eccessive, provoca dolore e infiammazioni e può addirittura causare vesciche e piccole ustioni (i peperoncini della varietà habanero, ad esempio, vengono raccolti con i guanti). È anche il principale ingrediente nello spray anti-aggressione al peperoncino.

La piccantezza dei peperoncini viene misurata tramite la scala di Scoville (il peperone dolce ha, ad esempio, zero unità Scoville). Uno dei metodi migliori per alleviare e rimuovere la sensazione dolorosa e di bruciore causata dal peperoncino è quello di mangiare yoghurt, formaggio o un pezzo di pane (meglio la mollica) inzuppato nell’olio. Oppure, bere semplicemente del latte. La capsaicina, infatti, si scioglie facilmente nei grassi.

Lo scienziato ungherese Szent-Györgyi, premio Nobel per la medicina nel 1937, scoprì nel peperoncino un’importante sorgente di acido ascorbico (Vitamina C) che permise di arrestare le morti per scorbuto, malattia che uccideva migliaia di marinai. Ciò contribuì a nobilitare ancor di più il valore di questa preziosa pianta.

Proprietà del peperonciono:


Grazie soprattutto alla presenza di flavonoidi e di capsaicinoidi, il peperoncino ha proprietà antibatteriche. Come già ricordato, è ricco di vitamina C e ha numerosissimi effetti benefici sulla salute, purché venga impiegato con buon senso ed in assenza di problemi gastrointestinali. Il peperoncino ha un forte potere vasodilatatorio, antiossidante e anticancerogeno. Inoltre, si è dimostrato utile nella cura di malattie da raffreddamento come raffreddore, tosse, faringite, laringite, rinite allergica, asma, sinusite e bronchite. È considerato, comunemente e a ragione, un ottimo digestivo. Queste proprietà derivano principalmente dalla capsaicina, in grado di aumentare la secrezione di succhi gastrici. Il peperoncino stimola l’intestino e favorisce il passaggio e l'evacuazione. Il celere transito intestinale, in combinazione con le virtù antibatteriche ed antifungine, evita la fermentazione e la formazione di gas intestinali e di tossine.

Il peperoncino può essere usato anche come antidolorifico nelle artriti e in alcuni tipi di nevralgie e cefalee. Il potere afrodisiaco del peperoncino, invece, non è stato confermato in termini assoluti dal punto di vista scientifico.

Viene utilizzato anche dalla medicina omeopatica e, come rimedio, da diverse medicine tradizionali popolari (ad esempio: dalla medicina Ayurvedica).

Da quanto emerge da alcuni studi, il peperoncino piccante avrebbe un’azione anestetizzante sul corpo e contribuirebbe a ridurre il colesterolo e a prevenire le cardiopatie. Gli sviluppi terapeutici in questo senso sono però ancora allo stato iniziale.

Altre proprietà terapeutiche riconosciute al peperoncino sono le seguenti:

  • Regola in modo efficacissimo la pressione sanguigna (proprietà molto nota e fondamentale);

  • Protegge i capillari;

  • Combatte l’insorgenza delle vene varicose, favorendo la circolazione sanguigna;

  • Facilita la coagulazione del sangue e agisce come disinfettante;

  • Cura l'ulcera gastrica, le emorroidi e le ragadi, se utilizzato con moderazione;

  • È indicato per le terapie contro la depressione, l'ansia, l’anoressia e l’alcolismo;

  • Favorisce la sudorazione e viene utilizzato in caso di otite ed insufficienza epatica;

  • Viene utilizzato anche contro la stitichezza, la cellulite, l’obesità, il mal di denti;

  • Cura la colite, i reumatismi, le distorsioni, le lombaggini e il torcicollo;

  • È utile contro la psoriasi, l’herpes zoster e l’acne giovanile;

  • Rallenta la caduta dei capelli e riduce l'incontinenza urinaria;

  • Abbassa il livello dei trigliceridi;

  • Stimola la regolare attività di cuore, reni e polmoni.
Il suo utilizzo in cucina è notorio. Si tratta di un condimento allegro e vivificante, assai popolare. Impiegato con moderazione, è in grado di valorizzare ed insaporire innumerevoli piatti.

È preferibile consumare il peperoncino fresco, per non perderne le proprietà. In ogni caso, il peperoncino può essere conservato benissimo sottolio o in polvere (dopo averlo fatto seccare al sole e tritato).

A livello gastronomico esistono un’infinità di ricette culinarie ed ognuno può lavorare anche con la fantasia, creandone di nuove. Il frutto viene consumato cotto, crudo, essiccato o affumicato. Viene impiegato anche per aromatizzare e per realizzare salse piccanti.

In Italia il peperoncino è utilizzato ampiamente nei piatti regionali, soprattutto nel meridione peninsulare. Sono molto noti, tra gli altri, il salame calabrese nduja e il peperone di Senise lucano.

All'estero il peperoncino, oltre che in Messico (nelle salse, nel chili con carne), viene molto impiegato in Nordafrica (nell’harissa), in Etiopia e in Spagna (nel pulpo gallego, nella paella valenciana e in vari piatti dell’Andalusia). Altre zone di utilizzo massiccio del peperoncino sono il sud-est asiatico, la Cina, l’India e la Corea.

Il peperoncino è presente nella bevanda Alveo di Akuna sottoforma di estratto della specie Capsicum frutescens. Questa tipologia comprende peperoni e peperoncini che, come anticipato nella classificazione delle 5 specie più diffuse, viene coltivata principalmente nella varietà Tabasco (utilizzata per l'omonima salsa Tabasco). Il frutto (talvolta piuttosto piccante, come nel caso delle varietà bird’s eye e santaka), inizialmente di colore verde, offre colorazioni del frutto maturo dal rosso-arancio, al giallo e persino al viola

Monday, September 7, 2009

Centella Asiatica (Gotu Kola)



La Centella Asiatica è una piccola pianta annuale erbacea che cresce nelle zone tropicali, paludose ed umide e si trova in India, Pakistan, Sri Lanka, in Indonesia, nell'Iran, in Malesia ed in altre zone dell'Asia meridionale oltre che nel nord dell’Australia, in Nuova Guinea, Madagascar, Brasile e Venezuela.

La pianta fresca non si può trovare, purtroppo, in Europa. Il nome “Centella” potrebbe derivare dal verbo centellinare, in riferimento al fatto che la pianta “beve” continuamente e a piccoli sorsi l'acqua delle zone paludose in cui prospera. In sanscrito viene chiamata “Brami” (che significa Coscienza Universale). In Sri Lanka viene chiamata Gotu Kola (dal cingalese: Kola = foglia Gotu = di forma conica).

La Centella Asiatica si presenta con 4 o 5 foglie lungo un gambo strisciante. I fiori sono verdi con sfumature rossastre. La conformazione a ventaglio delle foglie della Centella Asiatica ricorda i due emisferi del cervello e il suo utilizzo, secondo la medicina ayurvedica, favorirebbe il flusso dell’energia tra un emisfero e l’altro, promuovendone l’equilibrio.

Il suo utilizzo popolare ha una tradizione millenaria. È utilizzata come pianta medicinale nella medicina ayurvedica indiana e nella medicina cinese tradizionale. Viene considerata dalla tradizione ayurvedica molto ricca di energia rivitalizzante per il sistema nervoso e per i neuroni.

Secondo tali medicine tradizionali, la Centella Asiatica aiuta molto la concentrazione e la memoria, è utile contro l’epilessia e ritarda considerevolmente l'invecchiamento. Un proverbio sempre in auge nello Sri Lanka e che ricorda il nostro "una mela al giorno toglie il medico di torno", recita: "due foglie al giorno allontanano la vecchiaia".

Rafforza inoltre il sistema immunitario, tonificandolo e proteggendolo dagli attacchi esterni, e favorisce il funzionamento delle ghiandole surrenali. La medicina ayurvedica la considera una pianta spirituale che favorisce la meditazione e combatte la depressione. Viene impiegata anche contro i reumatismi, le smagliature (in combinazione con l’assunzione di Vitamina E, come dimostrato anche dalla moderna ricerca scientifica), la cellulite (di cui favorisce il drenaggio) e le malattie della pelle come l’eczema, la psoriasi e, addirittura, la lebbra.

Viene utilizzata inoltre per i problemi di fragilità capillare e di microcircolazione e per migliorare la cicatrizzazione delle ferite, tanto è vero che viene soprannominata anche: “l'erba della tigre e dell’elefante" perché gli animali selvatici feriti si rotolano tra le sue foglie per curarsi e lenire le ferite.

Ricerche recenti hanno dimostrato che è efficace nello stimolare la produzione di fibre collagene nel derma e la rigenerazione del tessuto connettivo.
Attualmente la Centella Asiatica viene molto utilizzata come componente di creme cosmetiche e dermatologiche.

Le parti utilizzate sono essenzialmente la radice e le parti aeree. Viene utilizzata in cure di vario genere come infuso, in capsule (estratto), tinturamadre e applicazioni esterne.

La ricerca scientifica vera e propria sulla Centella asiatica è cominciata durante la seconda guerra mondiale e le evidenze scientifiche hanno confermato la validità del suo utilizzo tradizionale. La composizione della pianta varia a seconda della zona in cui viene di raccolta. La Centella del Madagascar è particolarmente ricca di asiaticoside, il principale principio attivo di tutte le Centelle Asiatiche (per esempio: nel processo di cicatrizzazione delle ferite, l’azione dell’asiaticoside stimola la produzione di collagene della zona ferita e trattata); per questo motivo ha un’azione più efficace.

Gli studi scientifici, oltre a confermare le proprietà terapeutiche scoperte dalla medicina tradizionale cinese ed indiana, hanno evidenziato le proprietà antiradiazione della Centella, molto utili nei trattamenti di radioterapia. È stato appurato, tra le altre cose, come la Centella Asiatica stimoli il tessuto cerebrale ed aiuti efficacemente la memoria e l’intelletto. Calma inoltre lo stress e rasserena la mente e la coscienza. Favorisce un sonno tranquillo e profondo ed un bel risveglio.

La Centella Asiatica è anche un decongestionante e viene utilizzata per alleviare i problemi alle cavità paranasali. Ha una serie interminabile di proprietà: ringiovanenti, stimolanti, antibatteriche, antidolorifiche, disinfettanti, calmanti, astringenti, espettoranti, toniche, vasoprotettive, antiossidanti, depurative e sedative.

Può agire efficacemente sul sistema circolatorio, digestivo, nervoso e respiratorio. La sua attività si manifesta anche in caso di varici, emorroidi, ipertensione venosa, eruzioni cutanee, lesioni gastriche ed infezioni.

Dona poi grande sollievo alle gambe gonfie, soprattutto in combinazione con il pungitopo.
La Centella ha un sapore dolce e aspro nello stesso tempo, viene utilizzata per la preparazione di tisane; in India viene utilizzata anche in gastronomia.

anche CENTELLA ASIATICA fa parte di 24 erbe di Alveo: scoprirlo subito!


http://erbedellasalute.elitaris.com


Saturday, June 27, 2009

Equiseto


Con il termine Equiseto ci si riferisce generalmente all’Equiseto Comune (Equisetum Arvense), detto anche Coda di Cavallo. Il nome deriva dai due termini latini equi e saeta: coda (saeta letteralmente: crine) di cavallo (equi) ed allude alla forma curiosa di questa piccola pianta erbacea, molto diffusa in Italia e, in generale, in Europa, Nord-America ed Asia.

L’equiseto è uno degli ultimi discendenti di un gruppo di piante antichissime, un tempo di dimensioni enormi, che comparvero sulla Terra in epoca preistorica, come dimostrato dal ritrovamento di numerosi resti fossili.

Si tratta di una felce con un fusto lungo circa mezzo metro e senza fiori che cresce in luoghi umidi e freschi, in riva ai torrenti e anche in altura, spesso su terreni argillosi, dai quali ricava silice ed altri sali minerali.

I costituenti principali dell’Equiseto sono il silicio, il calcio, il potassio ed altri sali minerali, l’acido silicico, i flavonoidi e l’equisetonina.

L’utilizzo terapeutico dell’Equiseto è testimoniato dai trattati di medicina più antichi, che ne celebrano le proprietà remineralizzanti, emostatiche, e diuretiche, ma solo all'inizio del secolo scorso fu valorizzato dal punto di vista clinico e farmacologico.

L’Equiseto viene utilizzato nelle terapie della carenza di minerali, soprattutto per aumentare l’elasticità dei tessuti, per accelerare la guarigione delle fratture, per rinforzare ossa, unghie, capelli (in particolare quelli fragili) e cartilagini. Questo perché gli annessi cutanei (unghie, capelli, peli, etc.) sono molto ricchi di silice e perché, nel processo di calcificazione delle ossa, la presenza attiva del silicio (oltre a quella del calcio, del fluoro e del fosforo) favorisce il deposito del calcio. Il suo utilizzo terapeutico viene suggerito per l’osteoporosi, per i reumatismi e per l’artrosi.

L’Equiseto viene utilizzato anche nella cura dei gonfiori delle gambe, delle caviglie pesanti e degli edemi post-traumatici (le classiche “botte”), dell’infiammazione dei reni e delle vie urinarie, dell’acne, delle dermatiti e dell’eccessiva ritenzione idrica. Grazie alle sue proprietà emostatiche, coagulanti ed antinfiammatorie viene inoltre utilizzato per favorire la cicatrizzazione delle ferite, per curare le emorroidi, per curare le infiammazioni delle mucose del cavo orale e della gola, per le perdite di sangue dal naso e per la cura delle varici.

Per uso interno e fitoterapico è soprattutto indicato come diuretico, grazie alla presenza di sali. Esercita inoltre un’ottima azione depurativa, disintossicante ed astringente.

Può essere di aiuto come complemento nelle cure dimagranti, nel mantenimento e nel miglioramento dell’elasticità cutanea. Preserva la cute dalla formazione delle rughe e dall'invecchiamento e combatte efficacemente la cellulite. Ha un’azione anticancerogena (aiuta ad eliminare scorie metaboliche come la nicotina) ed è indicato persino per chi intende smettere di fumare. Per le sue proprietà abrasive viene utilizzato anche nel settore cosmetico nei prodotti esfolianti per il peeling.

La medicina cinese, oltre che in quasi tutti i casi sopraccitati, lo utilizza anche nella terapia della dissenteria e per le ulcere.

Alcune Curiosità:

I greci ed i latini, prima e dopo le guerre, usavano fare una miscela a base di Equiseto che davano in pasto ai cavalli per garantirgli una buona riserva di ferro ed energia. Anche oggi l’Equiseto è largamente utilizzato negli integratori per questi animali.

I fusti dell’Equiseto possono essere cotti e consumati come gli asparagi (anche se il gusto è decisamente diverso) dopo esser stati lasciati a bagno a lungo con acqua e limone. Possono essere cotti col burro o esser utilizzati come ingrediente di gustose polpette gratinate con ricotta, uova, aglio, pangrattato, peperoncino, burro e sale.

Monday, May 11, 2009

Ginkgo biloba


Il Ginkgo biloba (più semplicemente Ginko o Albero di Capelvenere) è una pianta arborea antichissima, una delle più vecchie specie viventi di albero. Il nome del genere Ginkgo, deriverebbe dal vocabolo cinese composto yinxing che significa: “albicocca d'argento”. Il nome della specie biloba deriva invece dai termini latini bis e lobus (chiaro il riferimento alla divisione in due lobi delle foglie). 

Le sue origini risalgono a ben 250 milioni di anni fa! La pianta di Ginkgo è longeva, può vivere per oltre 1.000 anni, a volte fino a 4.000 anni! È originaria della Cina, è stata coltivata per migliaia di anni dai monaci buddisti cinesi ed utilizzata come ornamento dei luoghi di culto. Attualmente resiste solo nelle foreste della valle dello Yangtze, perché la Cina è quasi completamente disboscata da molti secoli. Oggi si trova soprattutto in Giappone, in piantagioni europee (soprattutto in Francia), in Corea e negli Stati Uniti. L’albero ha una chioma fitta e raggiunge altezze che vanno dai 30 ai 40 metri. 

Le foglie del Ginkgo, di colore verde chiaro, hanno una tipica forma a ventaglio. E possiedono una caratteristica particolare: sono legate tra di loro da una lamella sottile e, ad un primo sguardo, sembrano dividersi, anche se sono unite in modo inseparabile. 

Lo studio relativo alle sue proprietà ed il suo impiego sono iniziati quasi 3.000 anni prima della nascita di Cristo.

Questa pianta viene utilizzata da molti secoli nella medicina tradizione cinese contro l’asma, ed il decotto ricavato dalle foglie viene impiegato per uso esterno su ferite, tumefazioni e geloni.
Le foglie contengono polifenoli e flavonoidi che agiscono in modo assai benefico sulle funzioni cerebrovascolari. Le malattie dell’apparato circolatorio sono molto diffuse nella società moderna e, spesso, le cause sono l’abuso di nicotina, l’obesità e l’ipertensione. 

L’azione del Ginkgo biloba si sviluppa principalmente su tre livelli: il sangue, le pareti vascolari ed il tessuto cerebrale. L’estratto delle foglie del Ginkgo biloba migliora e regola la funzionalità dell’apparato circolatorio, in particolare la fluidità del sangue, facilitando l’afflusso di sangue al cervello. Ciò ha un effetto indiscutibilmente benefico sulla memoria, sulla lucidità, sulle capacità cognitive ed intellettuali, sulla concentrazione. Migliora, inoltre, lo stato psichico.

Il miglioramento della circolazione del sangue avviene sia a livello cerebrale che periferico, permettendo di contrastare la fragilità capillare, la formazione di varici, i disturbi circolatori degli arti inferiori, la sensazione di freddo su mani e piedi. Il Gingko biloba protegge e tonifica i vasi capillari e le vene, aumentandone l’elasticità, ha un’attività vasoregolatrice e vasodilatatrice delle arterie e può facilitare la prevenzione della trombosi

Le foglie svolgono un'azione antiossidante e di neutralizzazione dei radicali liberi, permettendo di contrastare gli effetti dello stress fisico e mentale. 

Sono utili per curare patologie come insonnia, vertigini, emorroidi, disturbi dell’udito (sordità, ronzio), affezioni vescicali, instabilità emotiva connessa a sbalzi di umore, cefalee ed emicranie. 
Il Ginkgo biloba è indicato per la cura delle allergie cutanee e respiratorie, ha un’attività antinfiammatoria, antiallergica, antispasmodica, rinforza i reni e favorisce l’attività sessuale.
In Cina, il seme essiccato e lavorato è utilizzato per curare l'asma, la tosse, i disturbi della mucosa vaginale, la bronchite e la diuresi frequente. Nell’antichità, il seme abbrustolito veniva utilizzato in Cina e Giappone per favorire la digestione.

In Oriente, proprio per le sue innumerevoli proprietà, l'infuso di foglie viene denominato come: "il tè dell'eterna giovinezza". In particolare, anche gli antichi guaritori indiani ayurvedici (l’Ayurveda è la medicina tradizionale indiana diffusa già a partire dal IV secolo a.C.) lo impiegavano come ingrediente del "soma", l'elisir di lunga vita impiegato per perfezionare il corpo e la mente. 

La parte interna dei semi viene utilizzata come cibo prelibato in Oriente, soprattutto nella cucina cinese. In Giappone i semi di Ginkgo vengono impiegati in molti piatti come contorno (ad es. nel chawanmushi). 

Il Ginkgo viene utilizzato anche nelle creme cosmetiche per ristabilire il giusto equilibrio idro-lipidico nelle pelli secche e screpolate.

Alcune Curiosità: 

Il Ginkgo viene utilizzato come pianta ornamentale nobile nei parchi, nei giardini pubblici e privati, nei castelli e anche per creare dei bonsai.
Il Ginkgo è in grado di “combattere” i gas industriali e lo smog. Per questo motivo è particolarmente gradita la sua presenza sia sulle strade delle piccole città che nelle grandi metropoli.

L’Antica Filosofia Orientale assegna alla presenza di due lobi nelle foglie del Ginkgo e al fatto che esso presenti piante di sesso maschile e di sesso femminile il principio dello Yin e dello Yang, la legge secondo cui la realtà è governata dagli opposti, massimo e minimo, nord e sud, maschio e femmina. Questa è anche la ragione per cui viene conservato nei templi. 

Darwin giunse alla conclusione che il Ginkgo fosse una specie di "fossile vivente”, proprio perché la tipica forma a ventaglio delle foglie di Ginkgo è stata rinvenuta nei fossili. In realtà, si ritiene che la specie sia estinta allo stato naturale e sia stata conservata solo grazie alla coltivazione dei monaci cinesi. 
Il primo esemplare di Ginkgo che venne piantato in Europa nel giardino botanico di Utrecht, in Olanda nel 1730, vive ancora oggi e ha un aspetto un po' stravagante. Un esemplare di Ginkgo è sopravvissuto addirittura alle radiazioni della bomba atomica caduta sulla città di Hiroshima.

In Oriente, l'arte è ricca di simboli ed immagini che raffigurano il Ginkgo. Anche negli emblemi degli shogun, nelle poesie giapponesi antiche waka si ritrova un forte simbolismo legato a questa pianta. 

Volevo ricordarti che Ginko Biloba e' uno dei 24 estratti di erbe fresche che si trovano nella bevanda - integratore Alveo.

Saturday, May 2, 2009

Tasso barbasso - Verbascum thapsus


Tasso barbasso  (Verbascum thapsus)

È una pianta elegante che può raggiungere i due metri di altezza. Ha fiori graziosi di color giallo pallido, abbastanza grandi. Le foglie sono piuttosto grandi e spesse. Il suo nome scientifico Verbascum deriva dal vocabolo latino barbascum, che significa:"pianta barbuta". Tutta la pianta è infatti coperta da una folta peluria. Si trova un po’in tutta Europa ed in alcune zone dell’Asia.
Fin dai tempi antichi i fiori e le foglie (raramente le radici) di questa pianta venivano utilizzati come specifico ed efficace rimedio nella cura dei problemi respiratori.

Sono ormai ben note le sue proprietà lenitive, diuretiche, calmanti, antispasmodiche, antinfiammatorie, rilassanti ed espettoranti.

È particolarmente efficace nella cura del tratto superiore dell’apparato respiratorio, in particolare nel trattamento delle tonsilliti, delle faringiti, delle laringiti e delle tracheiti. Ma è ottimo anche per la cura della bronchite, delle congestioni polmonari, del raffreddore, della tosse catarrale e della tosse secca, dell’emoptisi (sangue nel catarro), delle irritazioni dei bronchi, della pleurite, della rinite allergica, della sordità catarrale e dell’asma.

Il Tasso Barbasso viene consigliato anche nella cura degli eccessi dell’emotività perché è in grado di calmare l’aritmia cardiaca e le palpitazioni.

A seconda del tipo di medicamento utilizzato (infuso, fomento, oleolito, etc.) è validissimo anche nella cura delle irritazioni del tubo digerente, dell’infiammazione delle vie urinarie, della diarrea, dell’ulcera, delle emorroidi, delle ragadi, dell’otite esterna e di vari altri problemi dell’orecchio.  

Alcune curiosità:

Il fusto del Tasso Barbasso veniva utilizzato per far luce nella Roma Antica, quando la pianta era nota con il nome di Candelaria.

Il Tasso Barbasso viene nominato anche da Alessandro Manzoni nel celeberrimo romanzo I Promessi Sposi come una delle piante cresciute nell’orto, un po’abbandonato, di Renzo: "...il tasso barbasso, con le sue grandi foglie lanose a terra e lo stelo diritto all'aria , e le lunghe spighe sparse e come stellate di vivi fiori gialli..."

Secondo la florigrafia  o “linguaggio dei fiori” (modalità di comunicazione “silenziosa” in gran voga già nell’Ottocento, in particolare in epoca vittoriana), il fiore del tasso barbasso simboleggia “il sollievo”.

Si racconta anche che, un tempo, i contadini delle campagne usassero le morbide foglie di questa pianta per imbottire le scarpe e tenere i piedi al caldo durante l'inverno. 


Volevo ricordarti che Tasso Barbasso e' un dei 24 estratti di erbe fresche che si trovano nella bevanda - integratore Alveo.

Wednesday, April 29, 2009

Alveo - integratore alimentare per la pulizia dell'organismo


Alveo e' un tonico a base di acqua che contiene le seguenti 24 erbe:

  • Aloe vera (Aloe Vera)
  • Ginseng (Panax Ginseng)
  • Timo (Thymus vulgaris)
  • Liquirizia (Glycyrrhiza glabra)
  • Rosa canina (Rosa canina)
  • Ginkgo biloba (Ginkgo biloba)
  • Equiseto (Equisetum arvense)
  • Lavanda (Lavandula angustifolia)
  • Passiflola incarnata (Passiflora incarnata)
  • Erba medica (Medicago sativa)
  • Trifoglio pratense (Trifolium pratense)
  • Tasso barbasso (Verbascum thapsus)
  • Finocchio (Foeniculum vulgare)
  • Cantella asiatica (Cantella asiatica)
  • Condro crispo (Chondrus crispus) 
  • Genziana maggiore (Genziana maggiore) 
  • Fucus (Fucus vesiculosus)
  • Millefoglio (Achillea millefolium) 
  • Suma (Pfaffia paniculata) 
  • Guarana' (Paulinia cupana) 
  • Ciliegio Nero (Prunuis serotina) 
  • Peperoncino (Capsicum frutescens)  
  • Cannella (Cinnamonum verum) 
  • Cardamomo (Elettaria cardamonum) 

Alveo - tonico erbaceo: una prevenzione per il tuo benessere

Ecco i Fatti di Alveo, che tutti dovrebbero conoscere.

La maggior parte delle malattie croniche possono essere trattate con metodi naturali.

Sempre più medici consigliano trattamenti farmacologici con il sostegno delle risorse naturali, in quanto ogni farmaco ingerito, interferisce con il buon funzionamento degli organi interni come il fegato, il pancreas e l’intestino.

1. Alveo è una miscela di 24 erbe

2. Alveo può essere utilizzato da tutti, anche dai bambini – Non contiene alcool, è a base di acqua. (il dosaggio per i bambini è il seguente: 0,4 ml di Alveo x peso corporeo in Kg)

3. Alveo è disponibile in 2 gusti: uva e menta (quest’ultimo è indicato per le persone con diabete perchè la versione al gusto di menta non contiene zuccheri)

Alveo purifica il nostro organismo dalle tossine che causano le malattie “dell’era moderna”, aiuta il corretto funzionamento del sistema nervoso, rimineralizza e rivitalizza le cellule della cute, tonifica il corpo e rinforza il sistema immunitario.

4. Alveo ripristina le naturali difese del nostro organismo e migliora il generale funzionamento del nostro corpo (omeostasi)

5. I primi segni di miglioramento della salute si possono osservare durante il consumo della terza o della quarta bottiglia di Alveo.

Alveo è raccomandato durante i trattamenti farmacologici perché favorisce un migliore assorbimento e una migliore assimilazione delle sostanze curative e, di conseguenza, può permettere una riduzione delle dosi di farmaci di sintesi (sempre sotto lo stretto controllo di un medico – attenzione: mai ridurre le dosi dei farmaci senza un’analisi o una visita accurata di un medico)

6. Alveo non è una medicina, ma un integratore a base di erbe che regolano il funzionamento di tutto il corpo. Non è selettivo, non fa bene solo ad un organo come ad esempio il fegato o la pelle, ma svolge un’attività “globale”.

7. Non è possibile incorrere in un sovradosaggio perché Alveo contiene le dosi minime di vitamine, minerali ed aminoacidi che sono accettate come regola internazionale dai Ministeri della Salute.

8. Si consiglia di assumere Alveo a stomaco vuoto 30 minuti prima del pasto (28ml). Per le persone che pesano più di 100 kg è consigliata una dose superiore (56ml).

Si raccomanda vivamente di bere Alveo con un bicchiere di vetro (tipo, ad esempio, il bicchierino Alveo in dotazione).

9. Durante il consumo della terza o della quarta bottiglia, in alcuni casi, si può osservare una risposta di adattamento da parte del nostro organismo, in corrispondenza di una disintossicazione fisiologica - la cosiddetta “crisi di guarigione”. In questo caso si consiglia di diminuire il dosaggio di Alveo ed assumerne metà dose per un periodo di 2-3 settimane, dopodichè è possibile tornare al dosaggio originale. Un'altra soluzione è quella di interrompere il trattamento per un paio di giorni, poi di ricominciare con il dosaggio minimo di 17 ml e, dopo 3 settimane, tornare alla dose consigliata di 28 ml.

10. In alcuni casi limite, durante la “crisi di guarigione”, si possono osservare alcuni fenomeni come: peggioramento della forma fisica, stanchezza, eczemi, aumento della cefalea, aumento della sudorazione, cambiamenti nell’odore del sudore, alito cattivo, ecc. È un segno che l'organismo ha iniziato a purificarsi e a disintossicarsi. Niente paura, si consiglia semplicemente di ridurre la dose a 14 ml, gradualmente per 3 settimane, per poi tornare ai 28 ml canonici. Se la reazione è intensa, ma il corpo è in grado di sopportare la sensazione di disagio, non è necessario ridurre la dose. Le reazioni di adattamento variano da soggetto a soggetto e possono verificarsi in momenti diversi quando si assume Alveo.

Personalmente ho avuto una reazione durante l’assunzione dell’ottava bottiglia, quindi dopo 8 mesi. Per aiutare il processo di depurazione si consiglia di bere molta acqua (preferibilmente non gassata). Circa 2 litri al giorno.

11. Alveo può essere consumato anche durante un periodo in cui si assumono farmaci. È utilizzato e consigliato come profilassi sicura ed efficace da oltre 10 anni.

Controindicazioni:

1. Alveo non può essere assunto quando ci si sottopone ad un trattamento di radioterapia o chemioterapia (si può introdurre l’assunzione di Alveo solo dopo 2 settimane dopo tale tipo di trattamenti). L'utilizzo di Alveo può rinforzare l’organismo e aiutarlo nella lotta contro la malattia.

2. Alveo non può essere consumato da individui che assumono farmaci immunosoppressori (capaci di inibire la risposta del sistema immunitario del corpo) perché Alveo provoca un effetto contrario a quello prodotto da tali farmaci.


www.ErbedellaSalute.elitaris.com